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L’ultima corsa. Zanda, decine di ultramaratone e avventure alle spalle, stava correndo a piedi la Yukon Arctic Ultra, una delle gare più estreme al mondo: temperature insostenibili, dislivelli, una slitta da trainare con il necessario per sopravvivere, il 75% di ritiri ogni anno. Dopo cinque giorni di camminata, il 61enne cagliaritano ha perso di vista i paletti che segnavano il percorso, poi è sprofondato in un dirupo. La neve è entrata dappertutto: giacca, guanti, scarponi. Il congelamento è stato pressoché immediato. In preda alle allucinazioni e alla disperazione, Zanda si è tolto i guanti e le scarpe bagnati, ha sganciato la slitta e ha vagato a piedi nudi per 17 ore nella bianca foresta.

Due blocchi di cemento, i suoi piedi: già in quei momenti aveva intuito come sarebbe andata a finire. Prima, però, bisognava salvarsi: “I miei piedi non mi hanno mai tradito - racconta oggi l’atleta - e sapevo che non lo avrebbero fatto neanche in quell’occasione”. Le allucinazioni gli hanno fatto vedere luci che non c’erano e soccorsi che non arrivavano. Ha pensato di lasciarsi morire.